Territorio e formazione. Una ricerca conferma che il sistema universitario crea una dinamica, causa un trasferimento di risorse e ha un impatto diffuso nel Paese. Gli studenti che si muovono da casa «consumano» in un'altra città. Complessivamente, nelle università analizzate questo trasferimento di risorse vale circa un miliardo di euro l'anno e ha impatti diffusi sul territorio. Sta alle nostre città creare le condizioni per essere nodi importanti di questo meccanismo.
Fonte: Corriere.it
di Giovanni Azzone
Il recente dibattito sul ruolo di Milano nel Paese ha indicato nelle università uno degli strumenti che trasferiscono risorse e capitale umano verso il capoluogo lombardo. Un’indagine condotta insieme a Mara Soncin, che ha coinvolto oltre 30.000 studenti di 24 università statali, dove studia quasi la metà della popolazione studentesca italiana, può fornire qualche elemento oggettivo per approfondire questo tema.
In particolare, i dati confermano che il sistema universitario crea, più che in passato, una dinamica all'interno del Paese. Il 6o per cento degli studenti ha deciso dove studiare solo dopo aver confrontato le proposte di atenei diversi e lo ha fatto anche prendendo in considerazione il contesto territoriale del luogo dove avrebbe studiato. Questa mobilità ha generato diversi effetti «positivi» nelle città maggiormente attrattive, con dinamiche che non sono però riconducibili alla semplice divisione tra Milano e il resto d'Italia.
Un primo effetto è meramente economico; gli studenti che si muovono da casa «consumano» in un'altra città. Complessivamente, nelle università analizzate questo trasferimento di risorse vale circa un miliardo di euro l'anno e ha impatti diffusi sul territorio (parliamo prevalentemente di vitto, alloggio, attività ricreative...). L'ateneo più efficace è l'Università di Bologna, in grado di generare annualmente circa 250 milioni di euro nelle città in cui opera, una cifra doppia rispetto all'insieme delle due università generaliste milanesi, Bicocca e Statale. In alcune aree del Paese, il ruolo economico degli atenei appare essenziale; a titolo d'esempio, l'Università di Urbino «genera» ogni anno 50 milioni, oltre 3.000 euro per ciascuno dei residenti nella città.
Attirare studenti da altre parti d'Italia diventa anche uno strumento di marketing territoriale, un modo cioè per far conoscere le potenzialità di una città. Complessivamente, l'effetto delle università è in questo senso positivo e significativo. In media, oltre uno studente su tre (38 per cento) dichiara di aver migliorato il proprio giudizio sulla città in cui studia dopo esserci giunto, mentre meno del 20 per cento l'ha peggiorato. Anche qui, la variabilità dei dati è elevata, con Padova (50 per cento di studenti che hanno migliorato la propria opinione) e Torino (49 per cento) che sopravanzano Milano.
Quasi il 50 per cento degli studenti fuori sede, infine, vorrebbe lavorare nella città in cui ha studiato; su questo aspetto Milano diventa leader, con il 70 per cento, ma è seguita da vicino da Torino (65 per cento), Bologna (60 per cento) e Palermo (56 per cento).
Emerge quindi un quadro molto articolato, in cui le scelte degli studenti sono rappresentabili più come tanti sentieri che si interseca no, percorsi da ciascuno sulla base della propria vocazione, che non come una grande rete autostradale diretta a Milano. Sta alle nostre città universitarie creare le condizioni per essere nodi importanti di questo sistema e alla politica nazionale sostenere i progetti credibili in questa direzione. I dati ci consegnano però anche un ultimo messaggio: sta crescendo la percentuale di studenti che scelgono un ateneo italiano dopo averlo confrontato con università estere. È il caso, ad esempio, di oltre il 10 per cento degli iscritti a corsi di laurea magistrale a Bologna, alla Statale di Milano o al Politecnico di Torino. È evidente che se si pensasse di risolvere il problema della disomogeneità territoriale «abbassando» la qualità delle università più competitive a livello internazionale, questi studenti non verrebbero persi da una regione italiana ma dall'intero Paese. È qualcosa che non possiamo proprio permetterci.